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Autore: admin

Disastro funivia Mottarone – Rassegna stampa del 17.01.24

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Il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio

Il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio
Il Parlamento Europeo ha approvato nei giorni scorsi a maggioranza il nuovo Regolamento imballaggi e rifiuti di imballaggio (Ppwr – Packaging and Packaging Waste Regulation).
I punti principali del testo sono:

  • riduzione generale e graduale degli imballaggi utilizzati (5% entro il 2030, 10% entro il 2035 e 15% entro il 2040);
  • maggior riduzione per gli imballaggi in plastica (10% entro il 2030, 15% entro il 2035 e 20% entro il 2040);
  • divieto di vendita di sacchetti di plastica molto leggeri (inferiori a 15 micron) a meno che non siano necessari per motivi igienici o forniti come imballaggio primario dei prodotti sfusi;
  • forte limitazione, tranne che per i prodotti alimentari, delle confezioni monouso (ad. es prodotti da toilette negli hotel);
  • eliminazione per i prodotti ortofrutticoli in quantità inferiori a 1.5 Kg delle confezioni monouso (ad. es reti per le arance, cestini per i pomodori ecc.);
  • divieto assoluto della presenza di Pfas e bisfenolo A negli imballaggi a contatto con gli alimenti;

L’atto tuttavia non entrerà subito in vigore in quanto i successivi passaggi prevedono la valutazione del Regolamento approvato da parte del Consiglio UE e il negoziato del “trilogo” (Consiglio, Commissione e Parlamento).

a cura dell’Avv. Marco Dallavalle (dello Studio Legale Ventimiglia)

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Carne coltivata e denominazione dei prodtti a base di proteine vegetali

La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge sul divieto di carne coltivata.

Oltre a stabilire il divieto di produzione, promozione e commercializzazione di alimenti e mangimi isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati, l’art. 3 della Legge introduce per la produzione e la commercializzazione di prodotti trasformati contenenti proteine vegetali, il divieto di utilizzo di:

  • denominazioni legali, usuali e descrittive, riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;
  • riferimenti alle specie animali o gruppi di specie animale o a una morfologia animale o un’anatomia animale;
  • terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;
  • nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.

Con decreto da emanarsi entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge, il Ministero dell’Agricoltura delle Sovranità Alimentare e delle Foreste stabilirà un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che, se ricondotte a prodotti vegetali, possono indurre in errore il consumatore sulla composizione dell’alimento.

Ai sensi dell’art. 5 della Legge, la violazione dell’art. 3 comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 60.000 o del 10% del fatturato totale annuo fino a un massimo previsto di euro 150.000 euro.

a cura dell’Avv. Marco Dallavalle (dello Studio Legale Ventimiglia)

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Inchiesta Covid: archiviate tutte le accuse

Dopo tre lunghi anni di processo mediatico e di linciaggio giustizialista, che non dovrebbe trovare spazio in uno Stato di diritto, si è finalmente concluso il procedimento – quello vero e disciplinato dal nostro Codice di rito – originariamente istruito dalla Procura di Bergamo, con l’archiviazione di tutte le accuse elevate nei confronti del Dott. Cajazzo e degli altri dodici indagati.

L’auspicio è che con questa decisione possa finalmente concludersi anche la gogna mediatica cui è stato sottoposto in questi anni il Dott. Cajazzo; gogna mediatica che ha colpito prima ancora l’uomo che il professionista, sulla cui levatura gli addetti ai lavori non hanno mai – fortunatamente – dubitato.

Ciò che lascia, però, perplessi è che, se non fosse stata riconosciuta la competenza funzionale del Tribunale dei Ministri, ci saremmo trovati – molto probabilmente – ad affrontare un lungo processo, fondato su accuse basate più sul risentimento di una città che è stata purtroppo tragicamente colpita da questo terribile virus che su di un reale costrutto giuridico. Risentimento che – seppur comprensibile per i parenti delle vittime – non avrebbe dovuto condizionare le decisioni della Procura orobica.

Il Tribunale dei Ministri nelle 34 pagine con cui ha disposto l’archiviazione del procedimento ha, infatti, riconosciuto la totale infondatezza, sotto un profilo giuridico, di tutte le ipotesi di reato oggetto di contestazione, rilevando come dette contestazioni fossero basate “su una mera ipotesi teorica sfornita del ben che minimo riscontro”. Appare chiaro il riferimento all’elaborato del Prof. Crisanti, Consulente Tecnico della Pubblica Accusa, oggi diventato Senatore della Repubblica grazie alla ribalta ottenuta per aver sfruttato la mediaticità dell’incarico a proprio tornaconto; Prof. Crisanti le cui conclusioni – dopo che lo stesso si era pubblicamente fregiato di avere restituito “la verità agli italiani” – sono state distrutte prima ancora di arrivare al vaglio processuale.

Ma ciò che lascia ancor più soddisfatti e che consente oggi – laddove ve ne fosse mai stato bisogno – di riabilitare a pieno titolo la figura del Dott. Cajazzo è l’analisi nel merito delle contestazioni condotta dal Tribunale di Brescia, che ha finalmente riconosciuto l’immane lavoro svolto in quei tragici giorni dal Dott. Cajazzo e da tutti coloro che si sono battuti in prima linea contro questo sconosciuto virus, escludendo la sussistenza di qualsivoglia condotta omissiva ascrivibile agli stessi.

Avv. Fabrizio Ventimiglia

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Tentata truffa ai danni di un istituto di credito: la titolarità del diritto di querela prescinde dalla formale attribuzione di poteri di rappresentanza

Nota a sentenza: Cass. pen., Sez. II, 7 giugno 2023, n. 24495

a cura dell’Avv. Marco Dallavalle e della Dott.ssa. Giorgia Francesca Conconi (dello Studio Legale Ventimiglia)

Con la sentenza in commento la Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione ha recentemente confermato la titolarità del diritto di querela in capo al direttore di filiale, anche in assenza di una formale attribuzione dei poteri di rappresentanza, precisando che “il responsabile della filiale di banca deve considerarsi persona offesa, e dunque titolare di un autonomo diritto di querela, in quanto responsabile, in quel frangente, delle attività dell’istituto bancario e delle eventuali conseguenze pregiudizievoli per l’interesse dell’ente da lui rappresentato”.

Questa in sintesi la vicenda processuale.

La Corte d’Appello di L’Aquila confermava la sentenza di condanna nei confronti dell’imputata in ordine ai reati di cui agli artt. 56, 640 e 489 c.p. per aver acceso, ai fini truffaldini, un conto corrente presso la filiale di una banca utilizzando un documento contraffatto. Avverso la suddetta sentenza l’imputata ricorreva per Cassazione adducendo quattro motivi di ricorso, tra cui la violazione di legge e la contraddittorietà della motivazione del succitato provvedimento, lamentando, nello specifico, che il soggetto denunciante non fosse effettivamente in possesso dei necessari poteri di rappresentanza ai fini della presentazione del formale atto di querela.

La Suprema Corte ha dichiarato infondato il sopracitato motivo di ricorso chiarendo come tutti i soggetti passivi titolari del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice siano da considerare persone offese e, pertanto, legittimate a sporgere querela indipendentemente da una formale attribuzione di poteri di rappresentanza. In motivazione la Corte ha dapprima osservato come, con specifico riferimento al reato di furto, in ipotesi di delitto commesso ai danni di esercizi commerciali, siano stati ritenuti dalla costante giurisprudenza di legittimità titolari del diritto di querela tanto il direttore quanto il commesso dell’esercizio commerciale, spettando la qualifica di persona offesa dal reato a tutti i soggetti responsabili dei prodotti posti in vendita presso l’esercizio. Gli Ermellini hanno successivamente richiamato, altresì, l’orientamento maggioritario della Cassazione in tema di truffa, il quale – analogamente a quanto sostenuto in relazione al furto – conferma che il diritto di querela “spetta, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di rappresentanza, anche all’addetto che si sia personalmente occupato, trovandosi al bancone di vendita, della transazione commerciale con cui si è consumato il reato, assumendo egli, in quel frangente, la responsabilità in prima persona dell’attività del negozio e rivestendo pertanto la titolarità di fatto dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice” (cfr. Cass. pen., Sez. II, 4 ottobre 2016, n. 50725) e che il medesimo diritto “spetta anche al gestore dell’esercizio commerciale che, indipendentemente dalla formale investitura dei poteri di rappresentanza legale da parte dell’impresa fornitrice dei beni oggetto del reato, li abbia commercializzati in nome e per conto della stessa assumendosi in prima persona la responsabilità di qualsivoglia operazione inerente alla vendita del prodotto medesimo” (cfr. Cass pen., Sez. II, 30 giugno 2016, n. 37012).

Sulla base di tali considerazioni i Giudici di legittimità hanno, dunque, affermato che è legittimato a presentare querela, a prescindere dalla formale attribuzione dei poteri di rappresentanza, il direttore della filiale di banca presso cui viene acceso un conto corrente con il fine di incassare titoli contraffatti, in virtù della responsabilità di tale soggetto, nell’esercizio delle proprie funzioni, tanto con riferimento alle attività inerenti all’istituto di credito quanto rispetto alle “eventuali conseguenze pregiudizievoli per l’interesse dell’ente da lui rappresentato”. Ebbene, la sentenza in commento – che conferma un orientamento giurisprudenziale da ritenersi oramai consolidato – riveste particolare importanza alla luce della recente riforma Cartabia che ha ampliato il numero di reati perseguibili a querela con i conseguenti problemi applicativi circa la titolarità del diritto di proposizione.

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